Le origini


"Al di là di quello stretto di mare chiamato Le Colonne d'Ercole, si trovava allora un'isola più grande della Libia e dell'Asia messe insieme, e da essa si poteva passare ad altre isole, e da queste isole alla terraferma di fronte (...). In quell'isola chiamata Atlantide v' era un regno che dominava non solo tutta l'isola, ma anche molte altre isole nonché alcune regioni del continente al di là: il suo potere si spingeva, inoltre, al di qua delle Colonne d'Ercole; includendo la Libia, l'Egitto e altre regioni dell'Europa fino alla Tirrenia ... ".

A parlare è Crizia, parente del filosofo Platone, il quale racconta che un secolo prima, nel 590 a.C., il legislatore Solone si era fermato nella capitale amministrativa dell'Egitto, Sais. Qui aveva cercato di impressionare i Sacerdoti di Iside illustrando le antiche tradizioni greche, ma uno di loro aveva sorriso, affermando che quello greco era un popolo fanciullo nei confronti di un altro su cui gli Egizi possedevano molta documentazione scritta. Secondo il sacerdote egiziano, una civiltà evoluta era esistita per secoli su "un'isola più grande della Libia e dell Asia messe insieme" l'isola era stata distrutta novemila anni prima da un immane cataclisma insieme a tutti i suoi abitanti. Le parole di Crizia sono riportate nei "Dialoghi" Timeo e Crizia, scritti da Platone attorno al 340 a.C.. Ecco come il filosofo greco descrive l'isola, sempre per bocca del sacerdote egiziano:

"Dal mare, verso il mezzo dell'intera isola, c'era una pianura; la più bella e la più fertile di tutte le pianure, e rispetto al centro sorgeva una montagna non molto alta (...)."

Da questo racconto si scopre, dunque, che in un'epoca antica esisteva nell'oceano, oltre l'attuale stretto di Gibilterra, davanti alle colonne d'Ercole, una grande isola chiamata Atlantide. Questa grande isola era solo il passaggio ad altre isole, che altro non erano se non il collegamento ad un vasto continente, tanto grande che al suo confronto il Mediterraneo appariva un porto dalla stretta entrata. Viene altresì riferito che la civiltà di Atlantide estendeva il suo dominio verso ovest, su altre isole dell'oceano, e verso est, sulle coste dell'Africa, fino all'Egitto, e sull'Europa, fino all'Italia. Secondo la narrazione gli Atlantidi tentarono di sottomettere anche i Greci, ma da questi vennero respinti. Ma in seguito assalitori e assaliti perirono in un'immane catastrofe: in un giorno e una notte, tra terremoti e diluvi, Atlantide venne inghiottita dall'oceano e scomparve per trasformarsi in mito e leggenda. Altre informazioni dettagliate sull'isola sono riportate da Platone nel Crizia, quasi interamente dedicato a descrivere geografia, urbanistica e politica dell'isola perduta, grande nazione marinara, favolosamente ricca e potente. La descrizione continua a lungo, inframmezzata da commenti sulla genealogia degli abitanti di Atlantide: ne emerge l'identikit di un territorio circondato su tre lati da montagne che lo proteggono dai venti freddi, e aperto a sud sul mare. La pianura è irrigata artificialmente da un complesso sistema di canali perpendicolari tra loro, che la dividono in seicento quadrati di terra chiamati klerossu in cui si trovano floridi insediamenti agricoli. La città principale, Atlantide, sorge sulla costa meridionale; è circondata da una cerchia di mura la cui circonferenza misura settantun chilometri; la città vera e propria, protetta da altre cerchie d'acqua e di terra, ha un diametro di circa cinque chilometri. Crizia descrive la fertilità delle sue terre popolate, tra l'altro, da elefanti giacché anche per quell' animale, il più grosso e il più vorace di tutti, c'era abbondante pastura

Il possente impero di Atlantide, che si estende sulle isole vicine, è diviso in dieci stati confederati, ognuno dei quali è retto da un re; lo stato sovrano, quello che comprende la città di Atlantide, è suddiviso a sua volta in sessantamila distretti; ogni cinque o sei anni si svolge una sorta di pubblica assemblea con la partecipazione del popolo che giudica l'operato delle varie amministrazioni.

Gli Atlantidei, non paghi di dominare sulle loro isole, fondano colonie ad ovest nella terraferma di fronte (l'America?), in Egitto, in Libia e in Etruria. Ma non riescono a sconfiggere l'impero di Atene, fondato nel 9600 a.C. dalla Dea Minerva e organizzato secondo gli stessi criteri che Platone aveva esposto nella sua opera La Repubblica. Dopo molti anni di guerra, un grande terremoto e un'inondazione devastano Atene, inghiottono il suo esercito e fanno sprofondare anche Atlantide nelle acque dell'oceano. Una giusta punizione, in quanto, con il trascorrere dei secoli, gli Atlantidei si erano corrotti:

"Quando l'elemento divino, mescolato con la natura mortale, si estinse in loro, il carattere umano prevalse, allora degenerarono, e mentre a quelli che erano in grado di vedere apparvero turpi, agli occhi di quelli che sono inetti a scorgere qual genere di vita conferisca davvero la felicità, apparvero bellissimi, gonfi come erano di avidità e potenza. E Zeus, il dio degli dei, intuito che questa stirpe degenerava miserabilmente, volle impartir loro un castigo affinché diventassero più saggi. Convocò gli dei tutti, e, convocatili, disse..."

Cosa disse Giove, possiamo solo intuirlo: infatti con queste parole si conclude il Crizia. Ma il vecchio sacerdote l'ha già spiegato in precedenza:

"Più tardi, avvenuti dei terremoti e dei cataclismi straordinari, tutta la vostra stirpe guerriera (cioè gli Ateniesi) sprofondò sotto terra, e similmente l'isola di Atlantide s'inabissò in mare e scomparve".

Di quanto ha raccontato, afferma Crizia, l'Egitto è l'unico paese che possiede molta documentazione scritta, perchè, contrariamente alle terre vicine, non fu coinvolto dalla catastrofe; e a questo proposito si scusa con i lettori per aver imposto nomi greci ai sovrani di Atlantide. Nei loro annali, infatti, gli Egiziani avevano tradotti i nomi nella propria lingua, secondo il costume dell'epoca; successivamente Solone li aveva a sua volta reinterpretati in greco, e così glieli aveva riferiti."Quando dunque udrete dei nomi simili a quelli nostri, non meravigliatevene, giacché ne conoscete il motivo".

Da Platone a Colombo

Probabilmente il filosofo greco non immaginava che la sua breve narrazione (più o meno una decina delle nostre pagine) avrebbe fatto scorrere più inchiostro del suo intero corpus filosofico: circa venticinquemila opere dedicate a una civiltà che, forse, non è neppure esistita. Caso più unico che raro (altri antichi luoghi misteriosi, come il Triangolo delle Bermuda, sono stati scoperti e discussi solo in tempi recentissimi), il problema dell'esistenza o meno di Atlantide scatenò subito polemiche. A parte vari accenni a terre al di là delle colonne d'Ercole (per esempio la Cymmeria citata da Omero nell'Odissea), e l'accenno al popolo degli Atalanti, "che non mangiano alcun essere animato" e "non sognano mai" nelle Storie di Erodoto, il tema del Timeo e Crizia costituiva (almeno per quanto ne sappiamo noi) un'assoluta novità. Aristotele, discepolo di Platone, non diede molta importanza alla narrazione del suo Maestro, e questa non-opinione ebbe un peso determinante nel Medio Evo cristiano. Aristotele, infatti, era considerato un'autorità indiscussa, e ciò che lui aveva detto ("Ipse dixit"), e che non a caso concordava con la visione geocentrica dell'universo sostenuta dalla Chiesa, non poteva essere contestato. Per di più l'esistenza di un continente distrutto novemila anni prima non coincideva con la data della creazione del mondo secondo la Genesi, calcolata nel 3760 a.C.

Ma, nel 1492, Cristoforo Colombo scoprì che, al di là dell'Atlantico, esisteva davvero una terra: e il filosofo inglese Francis Bacon suggerì che avrebbe potuto trattarsi del continente descritto nel Crizia. Molte opinioni cominciarono a modificarsi, tanto che nel XVI e XVII secolo Guillaume Postel, John Dee, Sanson, Robert de Vangoudy e molti altri cartografi chiamarono le Americhe con il nome di Atlantide.
Dopo la Conquista, si scoprì pure che un antica leggenda degli indigeni del Messico, trascritta nel Codice Aubin , iniziava con queste parole: "Gli Uexotzincas, i Xochimilacas, i Cuitlahuacas, i Matlatzincas, i Malincalas abbandonarono Aztlan e vagarono senza meta". Aztlan era un'isola dell'Atlantico, e le antiche tribù avevano dovuto lasciarla perché stava sprofondando nell'oceano. Dall'isola i superstiti avevano preso il nome: si facevano infatti chiamare Aztechi, ovvero "Abitanti di Aztlan". Per la cronaca, in Messico questa teoria non è relegata nei volumi fantastici: viene insegnata a scuola un po' come da noi la storia di Romolo e Remo; al Museo di Antropologia di Città del Messico sono esposti molti antichi disegni che descrivono la migrazione.

Coincidenze significative

Nel Timeo e nel Crizia Platone basa la sua descrizione di Atlantide su quelli che, secondo lui, erano i documenti scritti conservati dai sacerdoti egizi di Sais, e i dipinti sulle colonne del tempio.

Platone collocava l'Atlantide nell'Atlantico, e ne attribuisce la fondazione a Poseidone, il dio del mare. Nel descrivere i colori di quella terra, Platone, senza saperlo, cito' i colori predominanti delle pietre che ancora si vedono in un arcipelago atlantico, le Canarie.

Per di piu', Quetzalcoatl, il grande civilizzatore dalla barba bianca che porto' la scrittura e altre arti nell'antico Messico, pare che venisse dalla terra nera e rossa. Platone fa cenno anche all'esistenza di dieci re (di Atlantide), che ne eleggevano uno per un certo periodo di tempo e si altrenavano al comando; una leggenda che ha l'uguale nei dieci re maya e nei dieci re delle isole Canarie.

La prova forse piu' convincente dell'esistenza dell'Atlantide potrebbe essere il suo stesso nome. Questo in quanto si ritrova in molte razze antichissime delle coste atlantiche, che di solito condividono la tradizione di strutture ciclopiche, strumenti, invenzioni, conoscenze mediche, culti del sole, e tecniche della mummificazione e leggende e abitudini comuni, il nome di una terra scomparsa nell'oceano, o di un paradiso, o della terra dei morti, dal suono simile alle consonanti e alle vocali della parola Atlantide, o un nome nel quale compaiono le lettere A-T-L-N.

L'Atlante è una catena di montagne nell'Africa nord occidentale, le cui cime continuano al largo sotto la superficie dell'oceano Atlantico per riemergere nelle isole Canarie. Nelle Canarie stesse, il nome si ripresenta per indicare il complesso di caverne megalitiche di Atalaya. Quando gli abitanti delle isole Canarie erano ancora in contatto con il mondo romano si diceva che essi fossero i superstiti di un continente perduto.

Talune tribu' dell'Africa nord occidentale venivano chiamate Atarantes e Atlantioi, e scrittori delle epoche classiche spesso si riferiscono agli Spagnoli chiamandoli Atlanteani. Al di la' dell'oceano, nel Nuovo Mondo, troviamo che gli antichi Aztechi raccontarono ai conquistatori spagnoli come i loro antenati, il popolo di Az, provenissero da Aztlan, una terra inabissatesi all'est, e che il saggio Quetzalcoatl era arrivato anche lui da una terra nel mare chiamata Tollàn-Tlallapan.

Un'altra coincidenza linguistica ci si presenta quando si considera la parola azteca per indicare l'acqua, atl, che ha lo stesso significato in berbero, la lingua degli abitanti non arabi delle montagne dell'Atlante nel Nord Africa. I Maya, anch'essi un popolo dell'America Centrale, conservarono questa tradizione di un dio canuto, chiamato Kukulkan, che avrebbe portato la civilta'. Ricordavano inoltre la terra di Aztlan, cosi' come la ricordavano gli indios "bianchi", il cui insediamento si chiamava Atlan, in memoria dell'isola scomparsa.

In alcuni capitoli del Corano ci sono parti che contengono citazioni di antichi scrittori, e in cui si riconosce la prima sillaba del continente scomparso nel nome del popolo di Ad, una razza progredita che costrui' la Citta' delle Colonne, e che venne punita dal dio per la sua malvagita', che sarebbe stata l'ultima delle generazioni prima di Noe', nel Diluvio Universale, il cui ricordo si ritrova tra quasi tutti i popoli del mondo. Ma, oltre al diluvio citato nel Vecchio Testamento, in esso non compaiono nomi che ci ricolleghino ad Atlantide, a meno che il nome del primo uomo non possa rappresentare un nome collettivo per indicare la prima grande razza civilizzata, come il popolo di Ad, Ad-am.

Il ritorno di Atlantide

Qualcuno comincia a rilevare alcune analogie tra la civiltà dell'antico Egitto e quelle dell'America Centrale: costruzioni piramidali, imbalsamazione, anno diviso in 365 giorni, leggende, affinità linguistiche. Atlantide sarebbe stata dunque una sorta di ponte naturale tra le due civiltà, esteso, probabilmente, tra le Azzorre e le Bahamas.
Nel 1815, Joseph Smith, contadino quindicenne di Manchester, nella Contea di Ontario a New York, ebbe un primo incontro con un angelo di nome Moroni che gli promise rivelazioni straordinarie. Molti anni dopo l'angelo gli mostrò il nascondiglio di alcune preziose tavole scritte in una lingua sconosciuta, che Smith, illuminato dall'ispirazione divina, si mise diligentemente a tradurre. Nel 1830 uscì Il libro di Mormon, vera e propria bibbia della setta dei Mormoni, che descrive una distruzione con caratteristiche del tutto atlantidee (anche se l' Atlantide non vi è citata) avvenuta subito dopo la crocefissione di Cristo:

"Nel trentaquattresimo anno, nel primo mese, nel quarto giorno, sorse un grande uragano, tal che non se ne era mai visto uno simile sulla terra; e vi fu pure una grande e orribile tempesta, e un orribile tuono che scosse la terra intera come se stesse per fendersi (...). E molte città grandi e importanti si inabissarono, altre furono in preda alle fiamme, parecchie furono scosse finché gli edifici crollarono, e gli abitanti furono uccisi e i luoghi ridotti in desolazione (...) Così la superficie di tutta la terra fu deformata, e scese una fitta oscurità su tutto il paese, e per l' oscurità non poterono accendere alcuna luce, né candele né fiaccole"

I superstiti, il popolo di Nefi, si erano rifugiati in tempo "nel paese di Abbondanza", dove avevano costruito templi e città, tra cui quello di Palenque e una grande fortezza identificata succesivamente con Machu Picchu.

Trentadue anni più tardi un eccentrico studioso francese, l' abate Charles-Etienne Brasseur, scoprì la "prova definitiva" del collegamento tra Mediterraneo, Atlantide e Centro America. Le sue teorie furono immediatamente screditate, ma ispirarono la prima opera veramente popolare sull'argomento: Atlantis, the Antediluvian World ("Atlantide, il mondo antidiluviano") dell'americano Ignatius Donnelly (1882). Secondo Donnelly, Atlantide era il biblico Paradiso Terrestre, e là si erano sviluppate le prime civiltà. I suoi abitanti si erano sparpagliati in America, Europa e Asia; i suoi re e le sue regine erano divenuti gli Dèi delle antiche religioni. Poi, circa tredicimila anni fa, l'intero continente era stato sommerso da un cataclisma di origine vulcanica. A sostegno della sua tesi, Donnelly adduceva le analogie culturali descritte sopra, e qualche prova geologica a dire il vero non troppo convincente. Dall'altra parte dell' oceano Augustus Le Plongeon, medico francese contemporaneo di Donnelly, che per primo aveva scavato tra le rovine Maya nello Yucatan, riprese indipendentemente la tematica di The Antediluvian World in Sacred Mysteries among the Mayas and Quiches 11,500 Years Ago; their Relation to the Sacred Mysteries of Egypt, Greece, Caldea and India ("Misteri sacri dei Maya e dei Quiché 11500 anni fa; loro relazione con i Misteri Sacri degli Egizi, dei Greci, dei Caldei e degli Indiani"). A parte la smisurata lunghezza del titolo, il suo libro ottenne un grande successo e contribuì in larga misura alla diffusione al rilancio del mito.

I predatori della città perduta

Gli studi pseudoscientifici pro e contro Atlantide cominciarono a succedersi a ritmo vertiginoso. La gran massa degli studiosi concordava nel situare Atlantide in mezzo all'Atlantico, come suggerisce la sua stessa denominazione, ma in Francia le cose andarono diversamente. Il botanico D. A. Godron fondò la "Scuola dell' Atlantide" in Africa nel 1868, collocando la città perduta nel deserto del Sahara. Godron e il suo seguace Berlioux si rifacevano all'opera Biblioteca Storica del greco Diodoro Siculo (90-20 a.C.), il quale aveva affermato che "un tempo, nelle parti occidentali della Libia, ai confini del mondo abitato, viveva una razza governata dalle donne (...) La regina di queste donne guerriere chiamate Amazzoni, Myrina, radunò un esercito di trentamila fanti e tremila cavalieri, penetrò nella terra degli Atlantoi e conquistò la città di Kerne". Niente, dunque, a che vedere con la tradizione platonica; tuttavia i francesi possedevano molte colonie in Nord Africa, e una possibile collocazione di Atlantide in quel territorio solleticava, evidentemente, il loro nazionalismo. Si spiegano così le numerose spedizioni susseguitesi alla ricerca della città perduta nel massiccio dell'Ahaggar.

Altre Atlantidi sono state collocate in luoghi spesso ancor più fantasiosi: in Inghilterra al largo delle coste della Cornovaglia ove sarebbe sprofondata la mitica città di Lyonesse, in Brasile, Nord America, Ceylon, Mongolia, Sud Africa, Malta, Palestina, Prussia Orientale, Creta, Santorini.

Quest'ultima collocazione, sostenuta dall'archeologo greco Spiridon Marinatos, insieme con l'irlandese J. V. Luce, e descritta nel volume The End of Atlantis: New light on an Old Legend ("La fine di Atlantide: nuova luce su un'antica leggenda"), accontenta parecchi studiosi tradizionali. La civiltà diAkrotiri, nell'isola greca di Santorini, fu effettivamente distrutta nel 1400 a.C. da un'eruzione vulcanica. Per un espediente narrativo, Platone l'avrebbe trasportata al di là delle colonne d'Ercole, l'avrebbe ingrandita a livello di continente e avrebbe ambientato l'episodio in un epoca assai precedente.

Secondo l'italiano Flavio Barbero, Atlantide si sarebbe trovata in Antartide. In tempi remoti il clima di quel territorio era temperato, e una civiltà vi ci si sarebbe potuta tranquillamente sviluppare; poi le glaciazioni l'avrebbero completamente distrutta (l'ipotesi é esposta nel volume Una civiltà sotto il ghiacci, 1974). Un altra recente teoria identifica Atlantide con Tartesso, prosperosa città-stato di origine fenicia costruita su un'isola alle foci del Guadalquivir. Nel quinto secolo a. C. la città venne completamente distrutta, probabilmente da un attacco cartaginese, lasciando sicuramente dietro di sé la leggenda di una grande civiltà scomparsa all' improvviso. Intorno al 1920 l'archeologo tedesco Adolf Schulten ne identificò la posizione: sarebbe sorta nei pressi di Cadice, l' antica Gades, e, in effetti, Platone parla nel suo racconto di un re chiamato Gadiro. Tartesso presenta qualche analogia con la città descritta dal filosofo greco: era irrigata da canali, era fertile e ricca di minerali, e sopratutto andò distrutta in brevissimo tempo.
 
Sempre a Cadice fu ambientata una singolare truffa. Nel 1973 la sensitiva Maxine Asher riuscì a convincere il rettorato dell'università di Pepperdine (California) a finanziare una spedizione sottomarina in Spagna, dove forti vibrazioni psichiche le avevano segnalato la presenza di una città sommersa. Parecchi studenti e professori sborsarono dai duemila ai duemilaquattrocento dollari, e la Asher partì effettivamente per Cadice, da dove diramò un falso comunicato stampa che confermava il ritrovamento. Ricercata dalle autorità spagnole - si era eclissata con il denaro raccolto - fu arrestata in Irlanda, mentre stava organizzando un'identica messinscena.

L'Atlantide esoterica

Verso la fine del secolo scorso, lo studioso inglese Philip L. Slater ipotizzò l'esistenza di un sub-continente sommerso, da lui battezzato Lemuria, che avrebbe potuto unire l'Africa all'Asia in un'epoca remotissima. Non c'è da stupirsi se, nel romantico clima ottocentesco, l'ipotesi dell' esistenza di un nuovo continente scomparso incontrò subito grande successo. Nel 1888 Helena Blavatsky, fondatrice di un gruppo esoterico chiamato "Società Teosofica", confermò entusiasticamente la teoria, che lei già conosceva per averla letta, assieme alla "vera" storia della fine di Atlantide, nelle misteriose "Stanze di Dzyan", un antico libro scritto in una lingua sconosciuta che racchiudeva la storia dimenticata dell'uomo. Secondo la Blavatsky, ad Atlantide e a Lemuria abitava la terza di sei razze che avrebbero popolato la terra in tempi remoti. I suoi rappresentanti erano poco meno che Dèi, dotati di straordinarie conoscenze esoteriche poi tramandate ad una ristrettissima cerchia di iniziati. La Teosofia popolarizzò così una nuova concezione di Atlantide: il continente rappresentò d'improvviso "l'inizio del sapere e della civiltà" (Gerardo D'Amato, 1924), addirittura la fonte primigenia della civilizzazione . Alcuni "Grandi iniziati" sopravvissuti alla sua distruzione, tra cui il Mago Merlino del mito arturiano, avrebbero trasmesso ai loro discendenti segrete conoscenze esoteriche. Come gli alieni per i fautori dell' "ipotesi extraterrestre" , essi sarebbero i responsabili di molte delle costruzioni, oggetti e fenomeni inesplicabili comparsi durante la Storia.

Nel 1935 il medium americano Edgar Cayce  affermò in stato di trance che Atlantide era stata distrutta a causa del cattivo uso di oscure forze da parte di malvagi sacerdoti e predisse che alcune parti del continente perduto sarebbero riemerse entro pochi anni a Bimini, al largo della costa della Florida. In effetti, proprio in questa località e proprio alla data prevista, nel 1969, l'archeologo subacqueo Manson Valentine rinvenne alcune costruzioni sommerse (le tracce di una larga strada e un tempio) la cui origine è tutt'ora in discussione. Secondo l'"ipotesi extraterrestre"  i continenti di Atlantide e Mu sarebbero state basi di alieni distruttesi a causa di un cattivo uso dell'energia nucleare.

Il cataclisma

Ammessa (e non concessa) l'esistenza di Atlantide, quando potrebbe essere avvenuta la sua distruzione e cosa potrebbe averla determinata? Sul primo punto gli "Atlantidisti" sono abbastanza concordi: intorno a 10.000 anni fa, più o meno nel periodo descritto da Platone. 
Otto Muck, autore de I Segreti di Atlantide, ha ricostruito con complessi calcoli basati sul calendario Maya addirittura il giorno esatto della catastrofe: il 5 giugno dell 8498 a.C. Per quanto riguarda le cause, le ipotesi sono molteplici: dall'eruzione vulcanica, a una guerra nucleare, alla caduta di un asteroide o di una seconda luna che, in tempi remoti, avrebbe orbitato intorno al nostro pianeta.
Un cataclisma di tale portata potrebbe arrecare conseguenze di vari ordini. La scomparsa di un continente modificherebbe innnanzitutto le correnti oceaniche, mutando in modo radicale le situazioni climatiche , creando nuove glaciazioni e nuove zone desertiche. L'onda d'urto e la susseguente marea distruggerebbero gran parte delle città portuali e molte città dell'interno. L'immensa e rapidissima compressione causata dall'impatto con un gigantesco asteroide provocherebbe una radioattività pari a quella di numerose bombe H. La polvere sollevata da una simile esplosione oscurerebbe il sole per anni, provocando ulteriori conseguenze sul clima e i raccolti. Se Atlantide fosse stata davvero la dominatrice di altre civiltà, inoltre, la sua scomparsa avrebbe suscitato lotte e sconvolgimenti. Insomma, se Atlantide fosse stata distrutta in un giorno e una notte, come Platone asserisce, la Terra avrebbe conosciuto necessariamente un'era di barbarie e una nuova civilizzazione non avrebbe potuto evolversi prima di cinque-seimila anni. Il tempo sufficiente per cancellare e trasformare in leggenda ogni traccia di un remoto passato.

Interpretazioni scientifiche

Presentiamo ora le due interpretazioni più plausibili sulla fine di Atlantide che riscuotono il maggior credito negli ambienti scientifici ufficiali: entrambe addebitano la scomparsa di Atlantide a un'eruzione vulcanica, un evento che può scatenare energie immense.

Un mistero in fondo al mare

Nel 1898, durante la posa della linea telegrafica transatlantica, uno dei cavi deposto a 2.800 metri di profondità su un fondale dell'Atlantico, chiamato "platea del Telegrafo", si spezzò. Le sue estremità furono fortunosamente recuperate dall'abisso con particolari attrezzature che, per caso, portarono in superficie anche un pezzo di roccia. Qualche anno più tardi, Paul Tremier, direttore dell'Istituto Oceanografico di Francia, tenne a Parigi una conferenza che fece scalpore: quella roccia amorfa, dalla struttura non cristallina, era di chiara origine vulcanica ma aveva una particolarità: non si era solidificata in acque profonde bensì all'aria aperta; doveva provenire, cioè, da un vulcano con uno sbocco al di sopra del livello del mare. Essa, inoltre, aveva bordi taglienti, non ancora smussati dall'erosione marina: analizzandone il profilo, Tremier aveva stimato che non dovesse avere più di 15.000 anni. Ulteriori prelievi sottomarini confermarono che lo stesso tipo di roccia era presente in un area vastissima di quei fondali atlantici. 
La prima ipotesi su Atlantide prese così forma: seguendo pedissequamente le asserzioni di Platone, il continente scomparso si sarebbe trovato al di là dello stretto di Gibilterra, in quell'oceano che ne ha preso il nome; esso sarebbe stato lungo 550 chilometri, largo 370 e sormontato dal vulcano Atlante, identificato nell'attuale Pico Alto delle isole Azzorre. È un'ipotesi che spiega molte coincidenze che ancora oggi lasciano stupefatti gli studiosi, come le affinità culturali, architettoniche, linguistichee biologiche dei popoli che si affacciano sulle due sponde dell'Atlantico. L'improvvisa scomparsa di Atlantide, poi, avvenuta, secondo Platone, intorno al 9000 a.C., giustificherebbe eventi di difficile spiegazione quali, ad esempio, la fine della glaciazione in Europa (non trovando più un ostacolo nel continente perduto, infatti, la calda corrente del Golfo avrebbe raggiunto le coste atlantiche europee determinando il progressivo scioglimento dei ghiacci) o la periodica migrazione delle anguille verso il Mare dei Sargassi (dove un tempo lontano avrebbe dovuto trovarsi l'estuario di un grande fiume). Ben presto il mondo accademico si divise clamorosamente tra chi asseriva che si era finalmente trovata la prova scientifica dell'inabissamento di Atlantide e chi, invece,sosteneva che quelle rocce magmatiche ritrovate sui fondali atlantici provenivano dalle coste islandesi, inglobate da iceberg che si erano poi sciolti. La polemica si stava sedando quando le trivellazioni effettuate dalla nave oceanografica Gauss nella cosiddetta "fossa di Romanche" a sud delle Azzorre, a una profondità di 7.300 metri, rivelarono la presenza di strati di argilla rossa contenenti numerosi fossili di globigerine, cioè di protozoi microscopici che normalmente vivono in profondità comprese tra i 2.000 e 4.500 metri. A rigor di logica, quindi, quello strato di sedimenti argillosi doveva essere sprofondato, in un'epoca relativamente recente, di almeno 2.800 metri: lo stesso valore trovato da Paul Tremier per la platea del Telegrafo. Da allora non pochi studiosi, analizzando altre caratteristiche dei fondali atlantici, hanno ipotizzato il recente inabissamento di un continente. Altri, tuttavia, li hanno seccamente smentiti: ribadendo la validità della teoria della tettonica a zolle, derivata dall'ipotesi della deriva dei continenti espressa da Alfred Wegener nel 1915, essi escludono categoricamente la possibilità che un territorio vasto come quello descritto da Platone possa essere mai esistito in quell'oceano. 
In realtà l'improvviso inabissamento di un isola vulcanica di medie dimensioni avvenuto in un recente passato non è da escludere, anzi, è da ritenersi probabile: lo dimostra la repentina comparsa, nel 1931, di due isolette vulcaniche al largo del Brasile, inabissatesi già nell'anno successivo mentre le diplomazie internazionali erano all'opera per rivendicare diritti territoriali. Problema di tutt'altra portata, invece, è la scomparsa di una massa continentale come quella descritta da Platone: in questo caso, un'eruzione vulcanica - almeno come la conosciamo oggi - non può essere considerata l'unica causa di un così immane evento. Bisogna spingersi più in là con la fantasia, e immaginare un qualcosa di ancora più catastrofico: l'impatto di un asteroide, per esempio, che squarciando la dorsale atlantica avrebbe fatto scomparire Atlantide nel sottostante mare di fuoco.

Atlantide e Santorini

Grande accoglienza ha avuto nel mondo scientifico la teoria che localizza Atlantide nel Mediterraneo occidentale, più precisamente nell'arcipelago delle Cicladi, in un area occupata oggi dall'isola di Santorini.

Che Santorini fosse tutto ciò che rimaneva di un'isola molto più vasta distrutta da una catastrofica esplosione vulcanica era cosa nota da tempo: si sapeva che dall'antica Thera erano stati eruttati ben 18 chilometri cubi di magma e che, come è successo in tempi recenti a Krakatoa, la sua esplosione non lasciò che uno spezzone di roccia annerita. Negli anni Settanta, però, il metodo del radiocarbonio ha permesso di datare, con un margine d'errore molto ridotto, un tronco rinvenuto sepolto nella cenere vulcanica: l'eruzione doveva essere avvenuta nell'anno 1456 a.C. Questa data collimava con quella espressa in un'ipotesi elaborata qualche anno prima da Angelos Galanopulos: analizzando alcuni episodi riportati dalla Bibbia (i "tre giorni di buio", per esempio, i terremoti, o la divisione delle acque del Mar Rosso), il geologo greco era giunto alla conclusione che in quell'anno un'esplosione vulcanica doveva aver interessato tutto il Mediteranno orientale. Secondo Galanopulos, infatti, nelle numerose trascrizioni del testo di Platone si era verificato un errore che aveva moltiplicato per dieci le cifre originariamente riportate: l'area di Atlantide, quindi, finiva per identificarsi con quella di Thera e, leggendo 900 anni al posto di 9000 anni, anche il periodo della scomparsa di Atlantide finiva per coincidere con l'epoca dell'eruzione che aveva distrutto l'isola. A dare ulteriore autorevolezza a questa ipotesi, venne il ritrovamento, a Santorini, di un misterioso affresco che giaceva sotto strati di cenere vulcanica: esso raffigura un'isola, verde di piante e di colture, ricca di animali, popolata da una civiltà ricca, con sfarzose città e un intenso traffico di navi, attraversata da corsi d'acqua concentrici. Una figura che ricorda molto la descrizione che Platone fa di Atlantide: ordinata in cerchi concentrici nei quali si alternavano i canali del porto e le strade che costeggiano sontuosi palazzi, ricca di commerci, e fiorente per la natura amica. Dopo accurati studi, nel 1973 la geologa Dorothy Vitaliano sottolineò come la topografia di Atlantide descritta da Platone si adattasse perfettamente a quella che doveva essere la conformazione di Thera: una caldera creatasi a seguito di un'eruzione vulcanica di molti secoli prima.  
Finalmente i tasselli del mosaico di Atlantide cominciavano a delineare un'ipotesi convincente: la distruzione di Thera, principale base navale dell'impero minoico, e il conseguente maremoto che si era abbattuto su Creta e sulle coste del Mediterraneo centro-orientale, aveva determinato dapprima il declino poi la scomparsa della civiltà minoica e della sua supremazia sul Mediterraneo, e la conseguente ascesa di Micene. Quest'evento vulcanico sconvolgente, avrebbe dato origine, insieme al mito di Giasone e del Minotauro, alla leggenda narrata da Platone.

Va da sé che i fautori del continente perduto nell'Atlantico contestano vivacemente l'identificazione di Atlantide con Thera. Le loro argomentazioni sono molte e, in qualche caso, convincenti. La principale è la localizzazione nel Mediterraneo del continente perduto,  giustificata secondo il mondo accademico dal fatto che Platone poneva quella terra sotto la protezione di Poseidone ed Eracle , divinità associate all'Egeo. Tesi che non risulterebbe credibile, come inverosimile sarebbe la pretesa di ridurre a un decimo le cifre riportate da Platone per far coincidere la data della scomparsa di Atlantide con quella dell'eruzione di Thera. La stessa dinamica dell'eruzione di Thera, così come viene documentata dagli scavi archeologici, escluderebbe quella repentinità della catastrofe tramandataci da Platone: nelle case riportate alla luce a Santorini, ad esempio, non si sono trovati resti umani, nessun gioiello né altri oggetti di valore, come se gli abitanti avessero avuto tutto il tempo di raccogliere i loro beni prima di fuggire. Utensili e scorte di viveri sono stati invece rinvenuti negli scantinati di alcune case, forse messi lì per proteggerli dalle scosse: una circostanza che indicherebbe una certa dimestichezza degli abitanti di Thera coi terremoti. Molto probabilmente l'eruzione fu preceduta da un progressivo e lento bradisismo e da terremoti protrattisi per settimane, forse per mesi, che spinsero la popolazione ad abbandonare progressivamente l'isola. Dopo questa prima fase, la crisi vulcanica deve essersi acquietata: questo deve aver attirato nuovamente sull'isola la popolazione che riparò i danni e riprese la vita di sempre. Le testimonianze di questo ritorno sono ancora visibili negli scavi di Arkotiri, nella parte meridionale di Santorini: una via riaperta, macerie raccolte in ordinati cumuli, la cornice di una finestra ingrandita per farne una porta, un focolare improvvisato in una casa, la vasca per le abluzioni trascinata sin sul tetto, forse per raccogliere l'acqua piovana. L'opera di ricostruzione, però, dovette interrompersi a seguito della ripresa dell'attività vulcanica: verosimilmente, la popolazione abbandonò Thera per sempre e, probabilmente, raggiunse Creta. Dapprima l'eruzione produsse una pioggia di pomici, poi piovvero massi più rossi e infine la caratteristica pomice rosa che ha reso celebre Thera. Quindi il vulcano esplose: un getto di materiali compressi e di gas surriscaldati raggiunse la stratosfera, lanciato verso l'alto a una velocità superiore ai 2.000 chilometri orari: i boati furono certamente uditi in un'area che va dall'Africa centrale alla Scandinavia, dal Golfo Persico a Gibilterra. In un raggio di centinaia di chilometri, le ceneri in sospensione trasformarono il giorno nella notte più cupa, e probabilmente alterarono albe, tramonti e condizioni meteorologiche in ogni parte del mondo. La violenta espulsione di un'immensa quantità di magma aveva svuotato il gigantesco bacino magmatico sottostante l'isola, provocando il crollo dell'edificio vulcanico; miliardi di metri cubi d'acqua marina si precipitarono nell'abisso incandescente: la repentina vaporizzazione dell'acqua deve aver scatenato una serie di esplosioni titaniche che hanno scardinato ciò che restava dell'isola, sollevando immense ondate, montagne d'acqua alte probabilmente più di 60 metri, che attraversando tutto il Mediterraneo andarono a schiantarsi sulle coste di Creta, o sulle spiagge dell'Egitto, ancora più distanti...

Fu questa la fine di Atlantide?

Prove e controprove

A parte alcune intuizioni del racconto di Platone (per esempio quella di un vero continente al di là dell'oceano) rivelatesi poi veritiere, quali fatti concreti supportano l'esistenza storica di Atlantide? 
Le uniche prove a favore su cui possiamo basarci sono di carattere puramente indiziario. Esistono, per esempio, manufatti non inquadrabili in modo canonico come prodotti di civiltà note. C'è, soprattutto, una vasta tradizione a proposito di una grande catastrofe avvenuta in tempi remoti; lo spaventoso diluvio universale da cui solo pochi eletti si salvarono per volere divino. Se le prove pro-Atlantide sono poco convincenti, altrettanto lo sono quelle contro. A ogni ipotesi scientifica atta a dimostrare la possibile realtà della tradizione platonica ne corrisponde un'altra che dimostra esattamente il contrario; a meno di non esser un esperto in tutti i campi dello scibile, è impossibile per un profano stabilire chi ha ragione.

Cronologia Atlantidea

Comparando le varie teorie sull'origine e la distruzione di Atlantide è possibile tracciarne un' immaginaria cronologia. Prima di ogni paragrafo troverete citata tra parentesi la dottrina a cui la cronologia si riferisce: noterete l' abbondanza di riferimenti alla Teosofia, il movimento fondato da Madame Blavatsky. 

Tra 4.500.000 e 900.000 anni fa: l'Homo sapiens nasce ad Atlantide.(Teosofia)."A 7 gradi di latitudine Nord e a 5 gradi di Longitudine Ovest, nella località ove ora si trova la costa Ashanti, compaiono gli Atlantidei, primi rappresentanti della Quinta Razza Madre" (W. Scott Eliott, The Story of Atlantis & Lost Lemuria, 1896). Si sono evoluti lentamente a partire dalle razze Lemuriane; hanno perso il loro colore azzurro e sono diventati prima rossi, poi viola e infine del nostro attuale colore rosato. I primi Atlantidei si chiamano Rmohal ; sono dotati di poteri ESP e di una struttura sociale piuttosto grossolana; daranno origine all'Uomo cosiddetto "di Cro Magnon" che genererà la razza Lappone e Australiana. Nel giro di due milioni di anni i Rmohal emigrano verso un vastissimo territorio: Atlantide; non si tratta dell'"isola Più grande della Libia e dell'Asia messe insieme" descritta da Atlantide, ma di un supercontinente che comprende le due Americhe, Irlanda, Scozia, parte dell'Inghilterra e, dal Brasile, raggiunge la Costa d'Oro. Dopo aver sconfitto gli ultimi superstiti della catastrofe Lemuriana che vi si erano insediati, gli Atlantidei si differenziano in vari ceppi, tra cui i popoli che i moderni antropologi hanno battezzato Tlavatli (Cinesi e Aztechi, "Violenti, indisciplinati, brutali e crudeli" ), Toltechi e Turanici (i futuri Caldei, "Sotto parecchi aspetti, gente poco simpatica" ).

900.000 anni fa: la fondazione di Tiahuanaco. (Dottrina del Ghiaccio Cosmico) . La terza delle varie lune che - secondo la "Dottrina del Ghiaccio Cosmico" del visionario pseudo-scienziato tedesco Hans Horbiger - avrebbero ruotato in tempi remoti intorno alla Terra per poi precipitare disastrosamente sulla sua superficie, si avvicina alla Terra, facendo salire il livello delle acque. Gli uomini e i giganti, loro re, salgono quindi sulle cime più alte, e fondano la civiltà marittima mondiale di Atlantide. Presso il lago Titicaca, nell'attuale Bolivia, i giganti edificano il complesso di Tiahuanaco; la loro forza colossale permette loro di realizzare un' opera impossibile per i comuni esseri umani. (Hans Horbiger, Glazial Kosmologie, 1913).

"Dai lineamenti dei volti dei giganti giunge ai nostri occhi e al nostro cuore un'espressione di sovrana bontà e di sovrana saggezza; un'armonia di tutto l'essere spira dal colosso, le cui mani ed il cui corpo, nobilmente stilizzati, posano in un equilibrio che ha un valore morale" (Anthony Bellamy, Moons, Myths and Man, 1931).
I Toltechi, la Seconda Sottorazza atlantidea, con i loro due metri e mezzo di altezza non sono da meno dei Giganti; ad Atlantide edificano un immenso complesso, "La città delle porte d'oro", che sorge"presso la costa orientale, a circa quindici gradi a nord dell'Equatore, sulle pendici di una collina alta circa centocinquanta metri sulla pianura; sulla sommità della collina erano il palazzo e i giardini dell'imperatore, in mezzo ai quali sgorgava un getto d'acqua che forniva il palazzo e le fontane e quindi scendeva in quattro direzioni, e poi perveniva, per mezzo di cascate, a un canale circolare che circondava il giardino". (Arthur E. Powell, The Solar System, 1923). 
Secondo l'esploratore Percy Fawcett i Toltechi, che possedevano un potere per invertire la forza attrattiva della gravità in una forza repulsiva, cosicchè il sollevamento di grosse pietre a grandi altezze era cosa facilissima, avevano fondato anche Tiahuanaco (700.000 anni fa) e una città chiamata Zeta, perduta nella giungla amazonica del Mato Grosso. Il Tolteco diventa la lingua ufficiale del vastissimo impero atlantideo (circa sessanta milioni di abitanti, sui due miliardi che popolano la Terra); la tecnologia raggiunge un alto sviluppo. "Per spostarsi, usavano delle aeronavi con una capacità da due a otto posti costruite dapprima in legno, e poi con una lega metallica leggera, che brillava al buio come se fosse stata dipinta con una vernice luminosa. Durante le battaglie le astronavi spargevano gas tossici. Nei primi tempi erano mosse dal Vril, la Forza personale; quindi esso fu sostituito con un'energia generata con un procedimento sconosciuto che agiva con l'intermediario di una macchina. Per far salire l'astronave - che poteva raggiungere le cento miglia all'ora - si proiettava la forza in basso, attraverso le aperture dei tubi sul retro dell'apparecchio" (Arthur E. Powell, Op.Cit.)


600.000 anni fa: la prima distruzione di Atlantide (Teosofia e altri). Dopo centomila anni dalla fondazione, la "Città dalle porte d'oro" degenera. I seguaci della Magia Nera, tra cui l'Imperatore, diventano sempre più numerosi; "la brutalità e la ferocia aumentano, e la natura animale si avvicina alla sua espressione più degradata". (W. Scott Eliott, Op. Cit. ).
 
Un primo, grande cataclisma, forse scatenato dallo sconsiderato uso dei poteri occulti, colpisce Atlantide; la "Città dalle porte d'Oro" viene distrutta, l' Imperatore Nero e la sua dinastia periscono. L'attuale continente americano si separa dal resto dell'Atlantide; la Gran Bretagna si unisce in una grande isola con la Scandinavia e la Francia Settentrionale. L'avvertimento viene preso a cuore, e per un lungo periodo la stregoneria è meno diffusa.

150.000 anni fa: seconda distruzione di Atlantide (Dottrina del Ghiaccio Cosmico). Anche per la "Dottrina del Ghiaccio Cosmico" è tempo di grandi catastrofi; la terza Luna si abbatte sulla Terra causando la sua distruzione di Atlantide, "e gli uomini primitivi la identificano con il Diavolo". Le acque "si abbassano bruscamente per il calo della forza di gravità" (?) e le grandi città Atlantidee rimangono isolate sulle vette di inaccessibili montagne. I giganti che governavano da milioni di anni perdono il loro popolo: gli uomini ritornano allo stato primitivo. (A. Bellamy, Op. Cit. ).

Tra 150.000 e 75.000 anni fa: civiltà corrotta (Teosofia). Sull'Isola di Ruta, ad Atlantide, viene ricostruita la "Città delle Porte d'oro"; vi prospera una civiltà potente ma troppo sontuosa. Gli imperatori si abbandonano alle pratiche di magia nera, e solo una piccola minoranza di Maghi bianchi cerca di tenere a freno i malvagi occultisti. Lo stregone Oduarpa, associato al "Culto di Pan", fonda "La Grotta Nera" in opposizione alla "Grotta Bianca" iniziatica; orribili esperimenti di biogenetica creano un esercito di mostri, ibridi a metà tra l'uomo e gli animali. Ma, nelle profondità dell'Himalaya, i saggi di Agharti vigilano...

75.025 a.C.: terza distruzione di Atlantide (Teosofia). Il "Re del Mondo" Vaivaswata muove contro gli Atlantidei corrotti con un grande esercito, a bordo delle astronavi chiamate Vimana; i mostri di Pan e Oduarpa vengono sconfitti; le potentissime armi del "Re Del Mondo" distruggono quasi totalmente il continente corrotto. Daitiya è completamente sommersa; di Ruta si salva solo una piccola parte, Poseidonia, ovvero l'Atlantide descritta da Platone. Non è escluso che queste antichissime guerre celesti siano in qualche modo legate a quanto accadde (accadrà?) intorno al 2000 a.C. a Mohenjo-Daro.

10.000 a.C.: la distruzione finale (Ipotesi Extraterrestre). Gli spaziali giunti dal pianeta Suerta, atterrati in tempi remoti in qualche angolo del Brasile e considerati divinità dalla tribù degli Ugha-Mongulala, decidono nell anno 10.048 a.C. di abbandonare la Terra. "Stava per incominciare un'epoca terribile, dopo che le splendenti navi dorate dei primi signori si furono spente nel cielo, come stelle..." . E, in effetti, qualcosa di terribile accade davvero: "Che cosa avvenne sulla Terra? Chi la fece tremare tutta? Chi fece danzare le stelle? Chi fece scaturire l'acqua dalle rocce? Il freddo era atroce, e un vento gelido spazzava la Terra. Scoppiò una calura terribile, e al suo alito gli uomini bruciavono. E uomini e animali fuggivano, in preda al panico. Tentavano di arrampicarsi sugli alberi, e gli alberi li scaraventavano lontano. Quello che era in basso si capovolse e si ritrovò in alto. Quello che era in alto precipitò sprofondando negli abissi..." . (Karl Brugger, Akakor, 1976).
L'immensa quantità di ghiaccio accumulatasi sull'Artide durante l'ultima glaciazione scivola nell'Oceano scatenando un maremoto gigantesco, divenuto nella tradizione il Diluvio Universale. La tecnologia dei Nefilim (un altra stirpe di spaziali che si è insediata in Mesopotamia) ha previsto la catastrofe; l'ordine è di abbandonare la Terra e i suoi abitanti al loro destino. Ma, contravvenendo alle disposizioni, i Nefilim  ospitano alcuni esemplari dei terrestri della stirpe di Ziusudra (Noè) nelle loro arche. Questi ultimi ripopoleranno il pianeta. Conclusa la missione, i Nefilim lasciano la Terra (Zakarias Setchin, The 12th Planet)

La trappola sistemata da un gruppo di spaziali inseguiti da un'armata nemica finalmente scatta: i cattivi distruggono il "Quinto pianeta" (un corpo celeste in orbita tra Marte e Giove) che si disintegra formando la cintura degli asteroidi, poi ritornano alla loro galassia. La distruzione del quinto pianeta crea notevoli scompensi gravitazionali in tutto il sistema solare. L'asse terrestre si sposta di alcuni gradi, provocando lo scioglimento dei ghiacci polari e l' inondazione nota come Diluvio Universale. Gli spaziali esiliati sulla terra si salvano nelle loro gallerie; quando ne escono vengono considerati Dèi dagli sparuti gruppi di superstiti. Operazioni di biogenetica compiute sui terrestri affrettano la loro evoluzione (è la Genesi biblica). Ma "gli Dèi erano irascibili e impazienti; erano rapidi a punire e a spazzar via i ribelli o coloro che non si adattavano alle loro leggi biologiche", cosicché gli uomini cominciarono a temerli e a costruire, con titanici sforzi, rifugi per evitare la loro ira ( le opere fortificate la cui funzione non è ancora stata identificata dagli archeologi) (Erich Von Daeniken, Opere varie).

(Platone, Teosofia). Poseidonia, l'Atlantide descritta da Platone - ultimo relitto del gigantesco impero teosofico - è ormai completamente corrotta. In un giorno e una notte, nell'anno 9564 a.C. gli Dèi la sprofondano nell'Oceano con tutti i suoi abitanti. La catastrofe si ripercuote a livello mondiale; le opere edificate dai Greci - dominatori del Mediterraneo grazie alla recente vittoria - sono completamente spazzate via dagli elementi; il Mare del Gobi si solleva e diventa l'attuale deserto; uguale sorte tocca alla pianura del Sahara.

(Otto Muck). Un gigantesco meteorite proveniente dalla Zona degli Asteroidi si abbatte nell'Atlantico, generando una mostruosa onda di marea che distrugge la civiltà di Atlantide. È il 5 giugno del 8498 a.C. (Otto Muck, I Segreti di Atlantide, 1976).
(Dottrina del Ghiaccio Cosmico). Dopo essere rimasta priva di satelliti per 138.000 anni, la Terra attira la sua quarta Luna, quella attuale. Il fenomeno cosmico scatena una gigantesca marea che, in una sola notte, distrugge ormai-sapete-cosa. I possenti giganti scompaiono; nasce la ben più modesta civiltà giudeo-cristiana (Hans Horbiger, Op. Cit. ).

Dopo il 10.000 a.C.: Il ritorno degli Atlantidei (The Cosmic Doctrine). Alcuni Grandi Iniziati Atlantidei, tra cui il Mago Merlino, sopravvissuto alla distruzione della città di Lyonesse (un insediamento realmente sprofondato al largo della Cornovaglia, e da molti ritenuto una delle città di Atlantide), fondano il centro magico di Avalon, ove ripristinano gli antichi culti esoterici del Continente Perduto, scegliendosi dei discepoli come Artù che portino avanti la Tradizione. Gli Atlantidei si mescolano con i Celti, e si diffondono per tutta l'Europa, ove elevano Megaliti a simboleggiare il culto del Sole (Dion Fortune, Avalon of the Heart, 1936).

 

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