Amici diVersi

Un cuore voglio, un cuore dilaniato dal distacco dall'Amico
che possa spiegargli la passione del desiderio d'Amore

Jalal'd-Din Rumi

 

 

Roman Babowal

La sua poesia


Roman Babowal 
nasce il 2 settembre 1950 a Liegi, in Belgio, da genitori immigrati di origine ucraina. Medico oncologo di professione, dopo essersi specializzato in medicina nucleare si sposa stabilendosi con la famiglia a Montigny-le-Tilleul. Poeta bilingue e traduttore, pubblica, a partire dal 1969, sei libri di poesie in lingua ucraina e tre raccolte di liriche in francese. Dopo le prime raccolte in ucraino uscite a Leuven, Charleroi e  New York, negli anni successivi pubblica  Journeys of the Believable (1993), stampato a Kiev, e Fragmentary Memory (1994), edito in Belgio. L'intera sua produzione in lingua francese è invece condensata  nelle tre raccolte di liriche La Nuit des Oiseaux, ed. Les Paragraphes Littéraires (Paris, 1972), Résiduelles, ed. L'Arbre à Paroles (Amay, 1991) e Voyage au Quotidien, ed. Art pluriel (Bruxelles, 1992), libro che ottiene, nel 1990, il primo premio al Concorso di Poesia Art Pluriel. La passione per la scrittura e l'attenzione per la sua terra d'origine lo spingono ad essere tra i soci fondatori della sezione ucraina dell'associazione degli scrittori Pen Club international e a divenire membro attivo dell'Unione degli Scrittori d'Ucraina. Nel corso degli anni traduce in francese e diffonde le opere di numerosi poeti ucraini contemporanei, oltre a tradurre in ucraino diversi autori belgi, francesi e italiani. Nel frattempo, come redattore e corrispondente per l'Europa Occidentale, collabora con Svitovyd, rivista letteraria trimestrale in lingua ucraina di diffusione mondiale. Nel 2000 alcune sue composizioni in lingua ucraina vengono inserite nel prestigioso volume A Hundred Years of Youth, ed. Litopys (Lviv, 2000), un'antologia bilingue, in inglese e ucraino, della poesia ucraina del 20° secolo. Dal 2002, in qualità di membro appartenente al Gruppo di New York, costituito da un ristretto e selezionato circolo letterario di poeti ucraini emigrati in America e in Europa, inizia a curare su Internet la stesura di una dettagliata antologia virtuale sull'attività poetica del Gruppo e sui suoi aderenti. Muore il 16 giugno 2005, dopo una lunga malattia

poesia del quotidiano


Conobbi casualmente Roman nel 1994, in un periodo abbastanza difficile della mia vita, segnato dalla perdita affettiva di una persona cara. Dopo una serie di frequentazioni reciproche e di proficui scambi epistolari egli espresse un sincero apprezzamento per la mia poesia, che considerava affine alla sua. Io contraccambiavo questo interesse nei miei confronti manifestando una profonda ammirazione per la grande dedizione che egli dimostrava verso la cultura del suo paese d'origine, testimoniata dai numerosi e preziosi lavori di traduzione e divulgazione della poesia ucraina. Dopo aver tradotto alcune mie liriche in francese mi incoraggiò e stimolò a continuare a scrivere e comporre, fornendomi indicazioni utili per il prosieguo della mia attività letteraria. Nell'estate del 2004 mi chiese di tradurre in italiano i suoi componimenti in lingua francese che, in parte, sono lieto qui di presentare. La sua è una poesia di illuminanti frammenti esistenziali, di fugaci immagini quotidiane che efficacemente descrivono e compongono l'incerto "viaggio", spesso vano e contraddittorio, della coscienza dell'uomo in questa vita. Oggi la sua voce si è spenta, ma il suo messaggio umano e poetico rimane costantemente vivo nel nostro cuore

 

 

 

une saison trop brève
une moisson inachevée
un mot de trop
un geste désarticulé
et tout bascule à l’improviste
déroute imprévisible
tout brûle imperceptiblement
jusqu’à la cendre du
dernier épi

 

un jour
à l’improviste quand
tu partiras la pluie effacera
le moindre de tes traits
la moindre tache de ce que tu fus

et plus personne ne pourra
distinguer dieu de son image

 

j’habite l’incertain des formes floues
je vis l’usure interne des objets
abandonnés j’invente le contraire du prévu
pour conjurer le sort qui raccourcit
mon ombre omniprésente
à chaque pas
perdu

 

îlots perdus
épaves oubliées
brûlots épars
à la lisière de mes contresens
débris d’identité bradée
sur une page qui
devrait
demeurer vierge pour
rester crédible

 

au fil de ce voyage sans étapes
je suis le souvenir
qui ne t’aura jamais servi
le vin qui tache sans
avoir été versé
la main tendue dans un tourbillon
de gestes éperdus

quand tu te noies
je passe sans te voir

 

dans l’ambigu du dernier geste
quand dieu se tait
tout redevient possible

nous recouvrons
ce qui nous était dû

l’éternité d’hier
revient à la portée de tous

 

j’ai pour ami le vent
que l’arbre
incidemment écorche

j’ai pour ami l’été
qui brûle à bout
de souffle les étapes vers
le nulle part

j’ai pour ami
l’insecte résigné qui vit
de solitude et de silence

j’ai pour ami un inconnu
qui chaque jour dérobe mon reflet
dans ce miroir

qui n’est plus mien

(depuis longtemps)

 

quand la saison dérive
tapi
entre ce que je fus
et ne serai jamais

me taire
entre deux bruissements
de l’herbe que l’été dessèche

pour mieux t’entendre
m’oublier

 

d’un pas feutré l’une après l’autre
les saisons riches ont passé 
les saisons pauvres ont suivi 
le temps ronge ce qui nous reste 
et ce qui nous avait été promis 
l’oubli s’est imposé inattendu 
à l’épicentre de notre mémoire 
dans la pénombre qui nous cerne 
le dernier ver luisant 
vient de cesser soudain de luire

 

après l’exode
un vent déraciné 
qu’attisent les fougères 
un troupeau d’arbres égarés 
dans un espace qui 
n’est plus le leur 
un oiseau oublié 
qui 
privé d’ailes restera 
seul 
sur sa faim 
de liberté

 

se regarder longtemps
et puis soudain 
un jour de brume 
ne plus se reconnaître 

quand tout s’estompe 
autour de nous 
je crois 
au doute d’exister

 

je n’ai rien demandé
j’ai tout reçu 
sans le savoir 
j’ai tout voulu 
au prix de rien 
je ne pourrai mourir 
qu’entre ce que j’ai oublié 
et ce qui n’a 
jamais pu exister

 

c’est une feuille morte qui
soudain déclenchera l’automne
c’est un fruit interdit
qui créera
la frêle fable dont
nous sommes prisonniers
c’est un pas égaré
qui tracera au sol
l’itinéraire du voyage
qui n’aboutit à rien

 

sans oiseau le ciel n’a plus de profondeur
sans mer l’île n’est qu’une orpheline
sans soleil le tournesol n’est que supercherie
sans chaleur torride la soif n’est qu’une fiction cruelle
sans arbres le vent est-il encore nécessaire ?
sans solitude comment faire pour nous justifier ?

 

le but inavoué
de ce voyage semble atteint 

il n’aura donc été 
qu’une inutile quête 
de silences dont 
s’enrobe le mensonge quotidien 
de lâchetés 
qui alimentent nos bravoures 
fugitives feintes 

de résidus de presque rien 

qui font de nous un tout 
informe et 

curieusement viable

 

 

 

una stagione troppo breve
una messe incompiuta
una parola di troppo
un gesto disarticolato
e tutto all'improvviso vacilla
dirotta imprevedibile
tutto brucia impercettibile
fino alla cenere
dell'ultima spiga

 

un giorno
all'improvviso quando
partirai la pioggia cancellerà
il più piccolo dei tuoi tratti
la più piccola traccia di ciò che sei stato

e più nessuno potrà
distinguere dio dalla sua immagine

 

abito nell'incerto di forme vaghe
vivo l'usura interna degli oggetti
abbandonati invento il contrario del previsto
per scongiurare la sorte che accorcia
la mia ombra onnipresente
ad ogni passo
perduto

 

isolotti perduti
relitti dimenticati
brulotti sparsi
al margine dei miei controsensi
avanzi d'identità svenduti
su una pagina che
dovrebbe
restare vergine per
essere credibile

 

sul filo di questo viaggio senza tappe
io sono il ricordo
che non ti sarà mai servito
il vino che macchia senza
essere stato versato
la mano tesa in un vortice
di gesti perduti

quando affoghi
passo senza vederti

 

nell'ambiguità dell'ultimo gesto
quando dio tace
tutto diventa possibile

ritroviamo
quello che ci era dovuto

l'eternità di ieri
ritorna alla portata di tutti

 

ho come amico il vento
che l'albero
casualmente scortica

ho come amica l'estate
che brucia senza
fiato le tappe verso
il nulla

ho come amico
l'insetto rassegnato che vive
in solitudine e in silenzio

ho come amico uno sconosciuto
che ogni giorno ruba il mio riflesso
in questo specchio

che non è più mio

(da molto tempo)

 

quando la stagione declina
schiacciata
tra ciò che fu
e non diverrà mai

tacere
tra due fruscii
dell'erba che l'estate inaridisce

per capirti meglio
dimenticarmi

 

con passo felpato una dopo l'altra 
le stagioni ricche sono passate 
le stagioni povere sono seguite 
il tempo consuma ciò che ci resta 
e ciò che ci era stato promesso 
l'oblio si è imposto inatteso 
all'epicentro della nostra memoria 
nella penombra che ci circonda 
l'ultima lucciola 
all'improvviso ha cessato di brillare

 

dopo l'esodo 
un vento fuggiasco 
che agita le felci 
un gruppo di alberi dispersi 
in uno spazio che 
non è più il loro 
un uccello dimenticato 
che 
privato delle ali resterà 
solo 
con la sua fame 
di libertà

 

guardarsi a lungo 
e poi all'improvviso 
in un giorno di nebbia 
non riconoscersi più 

quando tutto sfuma 
attorno a noi 
credo 
al dubbio di esistere

 

non ho chiesto nulla 
ho ricevuto tutto 
senza saperlo 
ho voluto tutto 
al prezzo di niente 
potrò morire soltanto 
tra ciò che ho dimenticato 
e ciò che non ha 
mai potuto esistere

 

è una foglia morta che 
all'improvviso annuncerà l’autunno
è un frutto proibito
che inventerà
la fragile favola di cui
siamo prigionieri
è un passo perduto
che traccerà per terra
l'itinerario del viaggio
che non approda a nulla

 

senza uccelli il cielo non ha più profondità
senza mare l'isola è soltanto orfana
senza sole il girasole non è che un inganno
senza caldo torrido la sete è solo finzione crudele
senza alberi il vento è ancora necessario ?
senza solitudine come fare a giustificarsi ?

 

il fine inconfessato 
di questo viaggio sembra raggiunto 

sarà dunque stata 
solo una ricerca inutile 
di silenzi con i quali 
si riveste la menzogna quotidiana 
di viltà 
che alimentano le nostre audaci 
finzioni fugaci 

di residui quasi nulli 

che fanno di noi un tutto 
informe e 

stranamente vitale

 

traduzioni di Giuseppe Guidolin

 

 

 

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